Ci sono gravidanze che arrivano subito e gravidanze che fanno giri immensi.
Incontrano attese, terapie, cliniche, esami, punture.
Ci sono percorsi che iniziano senza sapere quando finiranno. Storie che partono e che durano anni di speranze e di dubbi.
Dietro a tutto questo c’è l’infertilità, ma accanto all’infertilità ci sei tu che desideri solo poter essere madre.
Infertilità e psicologia
Quando affronti l’infertilità affronti una parte di te completamente nuova e ti scontri con tutto.
Da una parte con il tuo corpo, dall’altra parte con la società.
Questo spesso ti fa sentire in lotta, in corsa, in battaglia. Contro il tempo, contro le emozioni, contro i giudizi esterni.
La sensazione che l’infertilità lascia sulla pelle e nel cuore è quella di sentirsi rotte, a metà, guaste.
Ci si sente donne che non funzionano come “dovrebbero funzionare”. Diverse dalla normalità.
Eppure quel corpo non ha nessuna colpa, non ha sbagliato nulla. È solo un corpo che ha bisogno di più attenzioni e di maggiori cure.
Tutto questo scatena in maniera del tutto naturale emozioni di sofferenza, di dolore, di rabbia ma anche di paura.
Paure connesse all’infertilità
Proprio la paura è l’emozione che più fa tremare le gambe.
- La paura di non poter mai vedere tuo figlio
- La paura di non farcela ad affrontare eventuali percorsi di procreazione assistita
- La paura di non saper rispondere alle domande esterne
- La paura di perderti un pezzo di vita
- La paura di annullarti e di smarrirti nella ricerca di qualcosa che non riesci a raggiungere
- La paura del tempo che passa
Non si ha altra scelta se non quella di scontrarsi e di affrontare queste paure. Una alla volta, mano nella mano con te stessa!
Cosa fare?
In tutti questi casi è importante ricordare e validare il pensiero che quel che si ama non si può cancellare. Pretendere di dimenticare è impossibile. Pretendere di eliminare un desiderio o un figlio è impossibile. Pretendere di fare finta di niente è impossibile. Pretendere di negare la sofferenza è impossibile.
Quello che puoi fare è prenderti cura di tutto questo: riconoscerlo, ascoltarlo, accoglierlo, capirlo. Prenderti cura della tua sofferenza e della tua mancanza (e del tuo vuoto) è sempre il passo giusto per poter costruire qualcosa di nuovo attorno al silenzio.
Non è una questione di tempo, le cose non verranno dimenticate, la sofferenza non andrà via, il ricordo di un figlio non deve passare. Quello che si può fare è trasformare il dolore attraversando emozioni e vissuti.